Ecco l'intervista al Nostro insegnate di teatro Lodovico M. Travaglia per conoscere meglio l'arte del Teatro.
Chi è un attore?
Un attore è colui che agisce, colui che in scena porta un cambiamento, una
trasformazione e racconta una storia tramite il suo corpo; corpo che diventa un personaggio attraverso le azioni che compie e attraverso il suo modo di relazionarsi in scena con il mondo.
Qual è il confine tra finzione e realtà?
Questa è una domanda particolare e la risposta potrebbe creare disaccordo.
Il confine tra finizione e realtà è che, molto spesso, a teatro siamo più veri che nella vita reale, perché quest'ultima è molto complessa.
Esistono molti fattori e pressioni a cui l'essere umano deve sottostare nella quotidianità. In scena, invece, si è più liberi e, quando l'attore è libero, il confine tra finzione e realtà è talmente sottile e labile che è impossibile definirlo.
Considerando invece una situazione di "arte sul palcoscenico" ciò che appare è un'arte di finzione che racconta il reale. La finzione scenica ci permette di poter azzardare una soluzione ai problemi della vita e ci permette di esorcizzarla attraverso situazioni che sono sì complesse ma che non feriscono, perché fanno parte di una costruzione artistica.
Cosa ti resta di uno spettacolo concluso?
Dipende dallo spettacolo: come succede ogni volta che si conclude un' esperienza, si "tirano le somme" e resta il rimando di tutto ciò che è stato il percorso e l'esperienza stessa.
A volte, rimangono le lacrime, a volte gli applausi a volte i sorrisi, a volte tutto insieme; a volte la difficoltà di aver superato (o non superato) i propri limiti.
Uno spettacolo che si conclude è la scintilla per poter osservare il proprio percorso personale: dove si è arrivati? Da dove si è partiti? Che cosa si è lasciato in dietro che cosa si è acquisito?
Uno spettacolo che si conclude è "una cerniera della vita" per quanto mi riguarda, perché apre lo sguardo sul passato e serve per procedere.
Ti capita di pensare a qualche tuo personaggio e di sentirlo parte di te nella vita reale?
E' difficile, per come intendo io il teatro, che un personaggio lo senta particolarmente mio (sarebbe un gesto egoistico pensare che mi appartengano o percepirli come una verità assoluta che fa parte di me).
Credo che ogni personaggio mi lasci dentro qualcosa, un modo di vedere il mondo diverso. Mi lascia la sua visione, mi permette di sentirlo dal punto di vista sensoriale, mi permette, a volte, di uscire dal mio solito modo di relazionarmi con il mondo e quindi di guardarlo con occhi diversi.
Conoscere un personaggio apre delle porte per leggere il mondo lontano dagli schemi personali, di cogliere sfumature.
Essere un attore è una parte di te o una controfigura tramite cui ti racconti?
E' una parte di me. Essere un attore è qualcosa che ho dentro.
L'attore è un artista e, chiunque faccia arte, che sia pittura, scultura, danza, teatro, musica riconosce la sua arte come parte integrante del suo essere e della sua personalità. L' Arte e colui che la concretizza sono inscindibili.
L'arte diventa così fondamento della nostra stessa entità fisica, psichica e morale. E' qualcosa insito nel DNA quindi non è controfigura ma una parte della personalità.
Il coinvolgimento e la dedizione verso quest'arte creano in te un'unità che ti permette di conoscere le tue sfaccettature o è la tua personalità che dà le sfumature ai tuoi personaggi?
Entrambe le cose nel senso che il personaggio parte da me, in principio non esiste, è "parole sulla carta". Il mio compito è renderlo carne.
Nel momento in cui costruisco un personaggio gli do la mia personalità, gli do le mie sfaccettature ma agisco all'interno del suo mondo, delle sue condizioni, dei sui rapporti spesso diversi da ciò che appartiene alla mia vita reale.
E' qui che inizia lo scambio tra persona e personaggio: parto da me per conoscere un altro mondo e poi ne entro a far parte e plasmo un nuovo modo di agire, di relazionarmi all'azione.
Questo scambio si configura come un cerchio che parte da me come essere umano con "vita vera" per entrare poi nel mondo del personaggio che è una "vita fantastica" (ma non per questo meno reale) chiudendo così il cerchio dello scambio che per me ha un nome: Teatro.
Senti una dualità tra te attore e il te autentico?
Si perché essere attore è una parte della mia personalità che, al contempo, comprende tante altre sfaccettature che possono essere usate come spunto e come strumento di lavoro per essere attore.
Il me autentico è composto da tantissime parti che, talvolta, non confluiscono nel il mio "essere attore".
Credo giusta questa dualità perché per essere un "attore completo" è necessaria una differenziazione tra persona e artista altrimenti si rischia di incorrere in grandi problemi.
Le due personalità devono convivere. Essere persone ci porta nelle le fragilità, nelle problematiche e nella sofferenze comuni a tutti gli esseri umani.
Il nostro essere artisti, invece, riesce a prendere queste parti profondamente umane e trasformarle in bellezza.
Sono contento esista un "Lodovico attore" e un "Lodovico autentico".
Lodovico attore fa parte del Lodovico autentico ma Lodovico non è un attore.
Penso che una cosa importante per un attore sia assumersi la responsabilità di dire: "sono prima di tutto una persona che dentro di sé ha la parte attorale ma non sono un attore e basta" perché, in caso contrario, subiremmo un' incredibile disumanizzazione.
Più sfaccettature esistono nel nostro modo di essere autentici e più la nostra arte può diventare grande.
Potete vedere Lodovico all'opera con la sua Compagnia Chajka Studio su YouTube o visitando la pagina Fb!
Ogni martedì alle 20.30 corso on-line!
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